Pronto, Gabriele! Fin da piccolo hai iniziato a difendere i pali, regalando e regalandoti ottime soddisfazioni nel settore giovanile e non solo, come mai il ruolo di portiere, questione di eredità? Il Manlio Baron, portiere/allenatore non lo conoscevo ancora bene. Quando iniziai nei Pulcini della Pontebbana, la prima volta che indossai le "scarpette di gomma dura" era il 1996. Dopo un po' di tempo non avevo ancora un ruolo ben definito in campo (come tanti d'altronde) e crescendo non sapevo ancora se avrei continuato a giocare perchè il fisico che avevo all'epoca era spesse volte causa di disagi atletici, ma sopratutto psicologici. Un giorno senza pensarci due volte e senza rendermi conto di ciò che stavo per fare e sarei potuto diventare (ero un bambino), dissi a mio padre "voglio fare il portiere". Quando lui mi chiese il motivo gli risposi molto semplicemente "così posso prendere il pallone con le mani!" e lui replicò "ok, allora ti insegnerò a fare il portiere". Quindi è stata più che altro una decisione presa così, con spensieratezza: come ho detto, conoscevo ben poche cose della carriera calcistica di mio padre. La tua carriera da professionista è stata un po' sfortunata: partito nel settore giovanile della Pontebbana, hai bruciato subito le tappe facendo l'esordio nel carnico, appena diciottene. Come valuti questa prima parte di carriera? Il settore giovanile è stato per me un decennio di costante crescita e miglioramento, sia fisico che tecnico (non poteva essere altrimenti, avevo in casa un preparatore che era stato un grande portiere!). Ricordo la conquista del titolo di campione carnico giovanissimi 2003 e la finale purtroppo persa nella categoria allievi l'anno successivo, giocando sempre nel Pontebba: due splendide annate. L'esordio in prima squadra in realtà avvenne a 16 anni, Coppa Carnia, da dodicesimo. La domenica di quella stessa settimana esordii da n° 1 in campionato (guarda caso a Chiusaforte). Anche lì, i primi due anni seppur da riserva li ho vissuti positivamente; quando venivo chiamato in causa mi facevo trovare sempre pronto e con ottime prestazioni, nonostante la giovane età e il fatto di dover affrontare per la prima volta avversari e campionati decisamente di altro livello rispetto ad un campionato giovanile fra "coetani". Soddisfazione sì, ma anche rammarico, hai collezionato alcuni gettoni da titolare e poi ti hanno messo in disparte, dandoti poca fiducia e poco tempo per entrare nell'élite del calcio che conta, cosa non ha funzionato? L'anno in cui indossai la maglia del n° 1 (2006, 18 anni) non fui molto fortunato. Iniziai con una serie di erroracci che non finiva mai; certo, ci misi a volte anche del mio, ma se per un giocatore non è sempre facile esordire così giovane e risultare sempre all'altezza, per un portiere non lo è mai. Gli errori capitano a tutti, ma tutti si ricordano solo degli errori del portiere che a mio parere contano come i gol mangiati a porta vuota dagli attaccanti. E in quell'anno di gol sbagliati così ne vidi parecchi. Ma ormai in caso di mancata vittoria il bersaglio era sempre il sottoscritto, così, non riuscendo più a ritrovare fiducia negli altri e prima di tutto in me stesso, decisi di lasciare la Pontebbana al giro di boa di quel campionato. Troppi professori in campo e fuori. Purtroppo, la gente che capisce qualcosa di calcio e di portieri scarseggia. A mio parere soltanto chi è stato o è portiere, per quanto forte o scarso possa essere o essere stato, sa cosa significhi giocare fra i pali. Ed io tra una critica ed un consiglio, presto attenzione solamente al secondo. All'epoca forse non ero in grado di sopportare ed affrontare l'ambiente, il clima che si era creato, l'isterismo di certi giocatori sapientoni e come se non bastasse tutt'altro che fenomeni... Perfino andare all'allenamento era un calvario per me. In un primo momento hai deciso di abbandonare il calcio, e infatti per qualche anno il tuo nome non circolava, poi la chiamata del team biancoverde di Chiusaforte. Come hai vissuto questa chiamata da parte di una squadra amatoriale? Il calcio non l'ho mai abbandonato, sono da sempre a disposizione del mister Marco Fabris (cugino del nostro coach), grande ma anche un po' sfortunato allenatore del settore giovanile pontebbano (6 finalissime fra giovanissimi e allievi, ma solamente 2 le vittorie) al quale do una mano allenando i giovani portieri che anno dopo anno si succedono a ricoprire questo ruolo nelle varie squadre da lui allenate. Riguardo il calcio giocato, mi sono visto costretto a stare fermo per più di un anno, causa infortunio (strappo al retto femorale sinistro, ndr) che ancora mi porto dietro e che, per permettere al Celtic di giocare quest'anno in Prima categoria, l'anno scorso si è anche aggravato. Il primo a parlarmi del Celtic Sclûse fu Ambrosino Senior (al secolo Raffaele). Lo incontrai, lo conobbi e me ne parlò mentre salivamo in telecabina a Sella Nevea con tanto di sci al seguito. Valutai ed accettai la proposta con entusiasmo. La voglia di tornare a giocare un campionato intero era tanta. Giocare in una squadra di amatori poi era l'occasione giusta per il mio riscatto, nonchè l'ambiente ideale per ricominciare dopo tanto tempo, dopo l'ultima annata pessima vissuta a Pontebba, e nonostante l'infortunio recente. Dopo il primo anno a Chiusaforte hai vinto subito un campionato, subendo solamente una decina di goal, quest'anno la tua squadra è in testa alla classifica, quale obiettivo ti sei fissato all'inizio della stagione? Personalmente quest'anno ero deciso a migliorare la mia prestazione. Volevo ridurre ulteriormente il numero di gol subiti (che furono ben più di dieci...) per puntare ad una promozione storica contro ogni pronostico. Ma se c'è una cosa che ho imparato quest'anno, anche se il campionato non è ancora finito, è che riportare nei tabellini e nelle statistiche 0 reti subite o essere la miglior difesa del campionato non porta sempre ad una sicura promozione; la nostra attuale posizione in classifica (e quella delle altre compagini) ne è la conferma. Sono altre le cose determinanti: la grinta, l'unità e l'armonia del gruppo sia in campo che fuori (cioè al chiosco...), la convinzione di far bene e di poter vincere sempre sfide anche impossibili sulla carta, il "no molà, tignì dur!!" sovente acclamato da mister Fabris cui cerco di fare da eco in campo. Poi naturalmente alcuni fattori aiutano e incidono nel risultato finale. E io cerco sempre di dare il mio contributo alla squadra, sperando e facendo in modo che la mia prestazione risulti la più positiva possibile.. In futuro ti piacerebbe ritornare nel calcio che conta, magari con la tua Chusaforte(ricordiamo che sei per metà di Chiusaforte) o con altre squadre? In caso di una chiamata cosa faresti? Certo, la voglia di tornare a misurarmi in un campionato carnico vero e proprio c'è, ma non prima di aver giocato col Celtic in Eccellenza (e magari aver vinto anche quella già dal prossimo anno, se sarà promozione...). Se tornasse il Chiusaforte a giocare un campionato carnico? Sarò e sono già uno dei promotori e sostenitori per l'iscrizione al carnico di una nuova squadra e risponderò alla chiamata! (Dove trovereste sennò un altro n°1 ?!?) Magarai potrei essere addirittura uno dei soci fondatori, vedremo.... Giunti a questo punto della stagione, come valuti il tuo campionato, ma soprattutto quello della squadra, cosa dici ai tuoi compagni per queste ultime cinque partite di campionato? Il "mio" campionato finora lo reputo molto buono, quello della squadra splendido. Ai compagni potrei dire per questo finale di campionato che nulla è ancora deciso; l'obbiettivo minimo è il primo posto o al limite la promozione, poi si penserà alla salvezza... (risata dell'intervistato, ndr). Infine ti chiediamo, come ti trovi con la dirigenza, ma soprattutto con questa squadra che ha una gran voglia di far bene? Benissimo, sia con la dirigenza che con la squadra, ma non solo. Come ho fatto notare in precedenza, sono per metà di Chiusaforte, un paese che frequento e ho frequentato spesso per lavoro, visite familiari, sport ecc... La considero la mia seconda casa e in effetti la casa c'è già a Villanova; la prima, nota bene, è Studena Bassa, e anche lì il fabbricato non manca. Quindi non potrei che trovarmi bene, anche con tutto l'ambiente e la gente che ci vive. Articolo a cura di M. D. |
sabato 28 agosto 2010
  A tu per tu con Gabriele: l'intervista
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